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GERUSALEMME LIBERATA

CANTO I

 

Le prime cinque ottave del I canto sono il proemio dell’opera: nella prima ottava viene chiarito avvenimento e personaggio centrali della narrazione, rispettivamente la prima crociata, che ebbe il fine di liberare Gerusalemme, e il comandante Goffredo di Buglione. Il proemio prosegue, nella seconda e terza ottava, con l’invocazione alla musa cristiana, ovvero la Madonna. L’autore le chiede perdono per aver inserito nel racconto del fatto realmente accaduto, alcuni ornamenti poetici, allo scopo di rendere più gradevole l'opera, riprendendo la figura lucreziana del fanciullo al quale si riesce a far ingerire una medicina amara grazie al miele sparso sull'orlo del bicchiere. Nella quarta e quinta ottava viene espressa la dedica ad Alfonso II d’Este, duca di Ferrara, che, secondo Tasso potrebbe diventare, in futuro, grazie alle sue grandi qualità, protagonista di una nuova crociata per liberare la Terrasanta.

Dalla sesta ottava inizia il racconto della vicenda, con il periodo di stallo della guerra tra l’esercito cristiano e i saraceni, causato dall’arrivo della brutta stagione, ovvero l’inverno. Proprio quando sta per giungere la primavera, che avrebbe permesso la ripresa della crociata, Dio si avvede che nessuno dei ‘principi’ cristiani in Siria è adatto ad assumere il comando dell’esercito cristiano, data la troppa cupidigia di Baldovino, il sentimentalismo di Tancredi e l’esuberanza di Rinaldo. Il Padreterno decide quindi di mandare il suo ‘fedele nunzio giocondo’, l’arcangelo Gabriele, presso il condottiero Goffredo di Buglione. Gabriele, dopo aver assunto sembianze umane e aver raggiunto Goffredo in Oriente, gli comunica che è stato eletto comandante supremo dell’armata cristiana.

 

Scelta di tre ottave dal primo canto:

 

III

Sai che là corre il mondo ove più versi
Di sue dolcezze il lusinghier Parnaso;
E che ’l vero, condito in molli versi,
I più schivi allettando ha persuaso.
Così a l’egro fanciul porgiamo aspersi
Di soavi licor gli orli del vaso:
Succhi amari ingannato intanto ei beve,
E da l’inganno suo vita riceve.

                                      

VII

 E ’l fine omai di quel piovoso inverno,
Che fea l’arme cessar, lunge non era;
Quando da l’alto soglio il Padre eterno,
Ch’è ne la parte più del Ciel sincera,
E quanto è da le stelle al basso inferno,
Tanto è più in su de la stellata spera,
Gli occhi in giù volse, e in un sol punto e in una
Vista mirò ciò ch’in sé il mondo aduna.

 

XIV

Ali bianche vestì, c’han d’or le cime,

Infaticabilmente agili e preste.

Fende i venti e le nubi, e va sublime

Sovra la terra e sovra il mar con queste.

Così vestito, indirizzossi a l’ime

Parti del mondo il messaggier celeste:

Pria sul Libano monte ei si ritenne,

E si librò su l’adeguate penne.

 

 

 

 

 

 

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