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GERUSALEMME LIBERATA

CANTO XX

 

 

 

Sorge un nuovo giorno e i guerrieri fremono dal desiderio di combattere, ma vengono calmati da Goffredo che ordina loro di pazientare un altro giorno affinché si riposino e si preparino adeguatamente. Il mattino successivo Goffredo dispone in ordine l’esercito, che viene incitato dalle parole del comandante a sconfiggere definitivamente i “nemici di Gesù”. Contemporaneamente anche il comandante egizio Emireno parla alle sue schiere confortandole. Il suono delle trombe determina l’inizio della battaglia: in entrambi gli schieramenti alcuni guerrieri, come Gildippe, Antaserse, Argeo e Altamoro cominciano a mietere vittime, mentre altri, come Antabano, Alvante, Brunellone, Ardonio, Gentonio, Rosmondo e Ormondo cadono. Nel frattempo anche Goffredo entra in guerra assalendo e fermando chiunque gli si pari davanti. Improvvisamente, nel mezzo del combattimento, mentre Rinaldo uccide innumerevoli nemici, giunge Armida che prova ad attaccarlo con le sue frecce, ma il tentativo fallisce. Intanto, questa “tragedia de lo stato umano” viene attentamente osservata, dal balcone della Torre, dal Sultano Solimano, che, percependo la potenza di Goffredo e Rinaldo, decide, insieme ad Aladino, di scendere in battaglia: Raimondo però, dopo averlo raggiunto, velocemente gli si avventa contro. Tutto ciò avviene vicino a Tancredi che, dopo essersi alzato dal letto su cui riposava a causa del fianco ferito, afferra scudo e spada e si cimenta a proteggere Raimondo dagli attacchi avversi. Raimondo riesce a uccidere Aladino e a compiere la sua vendetta. In questo momento Solimano entra definitivamente in battaglia e, dopo essere montato a cavallo, uccide più di cento guerrieri, tra cui i valorosi Gildippe e Odoardo. Nel frattempo, Rinaldo sopraggiunge nello stesso campo di Solimano, accanto a cui è presente Adrasto: il cristiano viene sfidato dal Sultano, ma ne esce vincitore ed uccide prima Adrasto e successivamente Solimano, il quale in punto di morte, mantiene fede al proprio onore, soffrendo silenziosamente.

 

107   

Giunge all’irresoluto il vincitore,

e in arrivando (o che gli pare) avanza

e di velocitade e di furore

e di grandezza ogni mortal sembianza.

Poco ripugna quel; pur mentre more,

già non oblia la generosa usanza:

non fugge i colpi e gemito non spande,

né atto fa se non se altero e grande.

 

Gli Egizi, di conseguenza, cominciano a fuggire, ma Emireno li ferma e inizia a parlare al portabandiera, cercando di rincuorarlo. Egli, in seguito, si affianca a Tisaferno, che sprona gli altri guerrieri a riprendere la battaglia: in particolare quest’ultimo uccide Normandi, Fiamminghi e paladini valorosi come Gherardo e Ruggiero di Balnavilla, ma non può fare nulla davanti alla potenza di Rinaldo, combattendo contro il quale infatti muore. La guerra dei cristiani per la conquista di Gerusalemme finisce, ma Rinaldo decide di andare all’inseguimento di Armida che era fuggita dal campo di battaglia. Dopo averla ritrovata, Rinaldo comincia a parlarle e Armida, rispondendogli e ascoltando le sue ultime parole, si convince, e i due si riconciliano: l’ira della donna si dissolve, lasciando il posto ai desideri d'amore.

 

136   

Sì parla e prega, e i preghi bagna e scalda

or di lagrime rare, or di sospire;

onde sì come suol nevosa falda

dov’arda il sole o tepid’aura spiri,

così l’ira che’n lei parea sì salda

solvesi e restan sol gli altri desiri.

“Ecco l’ancilla tua; d’essa a tuo senno

dispon,” gli disse “ e le fia legge il cenno”

 

 

Infine, Goffredo uccide il comandante Emireno e fa prigioniero Altamoro, sporco di sangue e ancora armato. Infine conduce i suoi uomini al Santo Sepolcro, dove depone le armi e, dopo essersi raccolto in preghiera, scioglie il voto.

 

144    

Così vince Goffredo, ed a lui tanto

avanza ancor de la diurna luce

ch’a la città già liberata, al santo

ostel di Cristo i vincitor conduce.

Né pur deposto il sanguinoso manto,

viene al tempio con gli altri il sommo duce;

e qui l’arme sospende, e qui devoto

il gran Sepolcro adora e scioglie il voto.

 

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