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GERUSALEMME LIBERATA

 

CANTO III

 

 

 

 

Goffredo di Buglione guida i crociati per mare da Cariddi fino a Gerusalemme. Già prima di attaccare, i paladini ammirano la città santa da lontano. La gioia di questa vista fa dimenticare loro i travagli del viaggio. Tutti si commuovono nell'avvicinarsi alla città dove Cristo visse e iniziano a pregare.

 

(vv.18-25)

Ali ha ciascuno al core ed ali al piede,

né del suo ratto andar però s’accorge;

ma quando il sol gli aridi campi fiede

con raggi assai ferventi e in alto sorge,

ecco apparir Gierusalem si vede,

ecco additar Gierusalem si scorge,

ecco da mille voci unitamente

Gierusalemme salutar si sente.


Chi era in vedetta a Gerusalemme scorge l'arrivo dei crociati, dà l'allarme e richiama gli abitanti di Gerusalemme ad armarsi e difendere la città. I cittadini accorrono alle mura, più o meno forti. Fra i primi a muoversi conto i Cristiani troviamo la fiera Clorinda, che incita gli altri guerrieri saraceni alla battaglia. Ella si scontra con Gardo e lo atterra umiliandolo di fronte ai due eserciti. Nella battaglia si fa strada Tancredi, che si distingue nell'uso delle armi. Dal punto più alto della città, Aladino osserva la scena echiede ad Erminia di parlargli dei paladini. Ella si concentra su Tancredi e afferma di volerlo morto, quando invece ne è innamorata.

 

(vv. 154-168)

Egli è il prence Tancredi: oh prigioniero mio

fosse un giorno! e no ’l vorrei già morto;

vivo il vorrei, perch’in me desse al fero desio

dolce vendetta alcun conforto."

Cosí parlava, e de’ suoi detti il vero

da chi l’udiva in altro senso è torto;

e fuor n’uscí con le sue voci estreme

misto un sospir che ’ndarno ella già preme.

 

Clorinda intanto ad incontrar l’assalto

va di Tancredi, e pon la lancia in resta.

Ferírsi a le visiere, e i tronchi in alto

volaro e parte nuda ella ne resta;

ché, rotti i lacci a l’elmo suo, d’un salto

(mirabil colpo!) ei le balzò di testa;

e le chiome dorate al vento sparse,

giovane donna in mezzo ’l campo apparse.

 

Clorinda e Tancredi ingaggiano un duello. Nel turbine dello scontro l'uomo rimane colpito dall'avvenenza della ragazza e sente di essere stato trafitto dal dardo di Cupido. Tancredi persuade Clorinda a uscire dalla mischia per rimanere in disparte, e lì si dichiara. Intanto infuria la battaglia. Un cristiano sta per ferire Clorinda, ma Tancredi la difende. Nonostante ciò Clorinda rimane lievemente ferita, Tancredi quindi colpisce chi si è avventato su di lei. I mori fingono una ritirata, per poi ripiombare ai fianchi dell'esercito cristiano. Argante sopraggiunge a dare manforte. Clorinda riesce ad uccidere Ardelio. Si distinguono in battaglia Dudone e Rinaldo, che Erminia definisce abilissimo nell'uso della spada; a Dudone attribuisce qualità di bravo condottiero; a Gernando, altro aitante paladino, una superbia che oscura il suo pregio.

Intanto i Cristiani hanno la meglio: Argante viene sbalestrato da un colpo di Rinaldo e velocemente l'esercito pagano è messo in rotta. 

Nonostante ciò, Argante, ripresosi, riesce ad uccidere il valente Dudone. 
Rinaldo, addolorato dalla perdita dell'amico, promette vendetta. Goffredo indugia nella contemplazione della città di Gerusalemme, colpito dal contrasto tra zone fertili e ricche d'acqua e zone riarse. 
Il canto si conclude con la sepoltura di Dudone e l'allestimento dell'accampamento nel punto che Goffredo ritiene più adatto per sferrare l'attacco a Gerusalemme.

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