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GERUSALEMME LIBERATA

CANTO XII

​

Nel cuore della notte Clorinda decide di sferrare un attacco ai cristiani bruciando la torre mobile d’assedio con l’appoggio di Argante e l’approvazione del re Aladino. Solo l’anziano Arsete, che si è preso cura di lei fin dalla nascita, cerca di dissuaderla rivelandole il segreto delle sue origini: la giovane proviene da una famiglia cristiana, essendo figlia del re d’Etiopia. A causa della gelosia del padre, alla nascita è stata allontanata dalla madre ed affidata alle cure del fedele Arsete, prima ancora di ricevere il battesimo. L’anziano riferisce di aver scelto di educarla alla sua fede, quella musulmana, nonostante avesse sognato, tempo addietro, san Giorgio che gli intimava di battezzarla e di aver ricevuto poi un nuovo cattivo presagio sulla sorte che le sarebbe toccata.

Clorinda, tuttavia, non desiste dal suo proposito e non intende rinnegare la religione a cui è stata educata. Dopo aver indossato un’armatura scura, esce con Argante. Incendiata la torre, rimane fuori dalla porta di Gerusalemme per punire un cristiano da cui è stata colpita. Approfittando della confusione, tenta di mescolarsi ai nemici per non farsi notare e salvarsi, ma il cavaliere cristiano Tancredi si accorge della sua presenza e, senza rendersi conto che sotto l’armatura si cela la donna di cui è innamorato, la sfida a duello. I due combattono valorosamente per tutta la notte. A questo punto si consuma il dramma di Tancredi: egli ha la meglio e infligge il colpo mortale a Clorinda, la quale, in uno dei momenti più commoventi del poema, chiede perdono all’avversario, perdonandolo a sua volta, e infine chiedendo di essere battezzata. 

 

LXVI

“Amico hai vinto; io ti perdon: perdona

tu ancora, al corpo no che nulla pave,

all’alma si: deh per lei prega, e dona

battesmo a me, ch’ogni mia colpa lave.”

In queste voci languide risuona

un non so che di flebile e soave

ch’al cor gli scende, ed ogni sdegno ammorza,

e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.

 

Tancredi riconosce l’amata quando, nel tentativo di esaudire il suo desiderio di essere battezzata, le toglie l’elmo. Tancredi battezza la giovane, dandole simbolicamente vita dopo averla ferita a morte con la spada. Dopo il battesimo Clorinda appare pacificata, anzi lieta, pronta a morire, mentre il cielo si apre per farla ascendere a Dio.

 

LXVIII

Non morí già, ché sue virtuti accolse

tutte in quel punto e in guardia al cor le mise,

e premendo il suo affanno a dar si volse

vita con l’acqua a chi co ’l ferro uccise.

Mentre egli il suon de’ sacri detti sciolse,

colei di gioia trasmutossi, e rise;

e in atto di morir lieto e vivace,

dir parea: «S’apre il cielo; io vado in pace».

 

Tancredi è afflitto al punto da tentare di suicidarsi.

 

LXXVII

Vivrò fra i miei tormenti, e fra le cure

mie giuste furie, forsennato errante.

Paventerò l’ombre solinghe e scure

che ’l primo error mi recheranno innante;

e del Sol, che scoprì le mie sventure,

a schivo ed in orrore avrò il sembiante.

Temerò me medesmo, e da me stesso

sempre fuggendo, avrò me sempre appresso.

 

Interviene, però, l'amico Piero che lo rianima, ricordandogli la nobile impresa che deve compiere. Gli appare poi in sogno Clorinda che, dicendogli di amarlo, gli rivela di essere tra le anime beate nella grazia di Dio. Confortato, il giorno successivo Tancredi visita la sua tomba ed esprime il desiderio di giacere un giorno accanto a lei. Il canto si conclude con il giuramento di Argante di vendicare Clorinda.

 

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