top of page

GERUSALEMME LIBERATA

 

CANTO XIX

Argante è raggiunto da Tancredi sulle mura. I due, dopo aver rinnovato la sfida interrotta[1], escono dalla città e cominciano a combattere. Argante cade per mano del crociato, ma prima di morire riesce a ferire Tancredi, che cade e sviene vicino a lui. Intanto Rinaldo assale il tempio di re Salomone e, dopo una grande strage, lo conquista. Solimano e Aladino si rifugiano nella torre di David, sopraggiunge Raimondo, che viene stordito da Solimano. Aladino ordina che il crociato sia fatto prigioniero, ma i compagni di Rinaldo gli si stringono attorno per difenderlo. Da due lati opposti giungono Rinaldo e Goffredo. Questo, per raccogliere morti e feriti, rimanda al giorno successivo l’assalto alla torre di David.

Solo dopo essere giunto al campo pagano, Vafrino, eletto spia dall’esercito cristiano, si rende conto della maestosità dell’esercito raccolto. Camminando per l’accampamento, arriva alla tenda del re egiziano, e sente due uomini che parlano; viene così a sapere di una congiura contro Goffredo e del pericolo che corre Rinaldo. Il mattino seguente Vafrino, per non far saltare la sua copertura, marcia con l’esercito egiziano; la sera gira di tenda in tenda e trova Armida con Adrasto, Altomoro e Tisaferno.  Viene riconosciuto da una giovane donna, Erminia, che lo informa delle modalità della congiura contro Goffredo e gli rivela il suo amore per Tancredi e di come se ne innamorò.

Prendono una strada diversa da quella dell’esercito e tornano a Gerusalemme, davanti alle porte della quale trovano Tancredi Esamine In seguito al duello contro Argante. Erminia piange[2], convinta che il suo amato sia morto, ma ecco che Tancredi dà un segno di vita emettendo un debole lamento. Prima di essere riportato in città, il crociato si raccomanda che Argante abbia una degna sepoltura[3].

Goffredo viene messo a conoscenza da Vafrino della congiura tramata contro di lui e dei pericoli che corre Raimondo. Il capitano decide di combattere gli Egizi in campo aperto. Cala la notte.

 

[1] “Cosí la fé, Tancredi,

mi servi tu? cosí a la pugna or riedi?

 Tardi riedi, e non solo; io non rifiuto

però combatter teco e riprovarmi,

benché non qual guerrier, ma qui venuto

quasi inventor di machine tu parmi”.

 

[2]"In che misero punto or qui mi mena

fortuna? a che veduta amara e trista?

Dopo gran tempo i’ ti ritrovo a pena,

Tancredi, e ti riveggio e non son vista:

vista non son da te benché presente,

e trovando ti perdo eternamente”.

 

[3]"Adunque resta

il valoroso Argante a i corvi in preda?

Ah per Dio non si lasci, e non si frodi

o de la sepoltura o de le lodi.

 Nessuna a me co ’l busto essangue e muto

riman piú guerra; egli morí qual forte,

onde a ragion gli è quell’onor devuto

che solo in terra avanzo è de la morte."

bottom of page