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GERUSALEMME LIBERATA

CANTO XVI

 

 

 

Carlo e Ubaldo giungono all’entrata principale del favoloso palazzo dalle cento porte che Armida ha costruito con la magia, il cui portone è ornato da fregi in oro e argento tanto vivi da non mancare neanche della parola, se ci si lascia ingannare dalle illusioni della maga.

 

Per l’entrata maggior (però che cento

L’ampio albergo n’avea) passàr costoro.

Le porte qui d’effigiato argento su i cardini stridean di lucid’oro.

Fermàr ne le figure il guardo intento,

ché vinta la materia è dal lavoro:

manca il parlar, di vivo altro non chiedi;

né manca questo ancor, s’a gli occhi credi.

 

Varcata la soglia, i due cavalieri si trovano di fronte a un labirinto di viali e cortili che riescono a superare grazie alle indicazioni contenute nel libro donato loro dal mago di Ascalona.

Si offre a loro la vista di un meraviglioso giardino, la cui bellezza e’ accresciuta dalla naturalezza che cela la sua artificiosita’, tradita solo dalla singolare abbondanza di frutti sugli alberi e dalla perfetta armonia tra lo stormire delle foglie e il cinguettio degli uccelli, che sembrano avvicendarsi e accompagnarsi come gli strumenti di un’orchestra. Ad un tratto un pappagallo dallo splendido piumaggio multicolore inizia a declamare dei versi, incitando a cogliere la bellezza che, come una rosa, sfiorisce rapidamente.

Tra la vegetazione lussureggiante, i due cavalieri scorgono la coppia di amanti, che ignari della loro presenza, si abbandonano a lascive carezze. Rinaldo, il capo appoggiato al ventre dell’amata, guarda adorante lei, che si compiace del dominio esercitato dalla propria bellezza. Armida si alza e, ricomposti in perfeto ordine i riccioli, saluta con un bacio l’amante, richiamata alle pratiche magiche.

Approfittando della sua assenza, Carlo e Ubaldo si presentano a Rinaldo e il solo bagliore delle loro armature basta a risvegliare in lui lo spirito marziale;

 

Qual feroce destrier ch’al faticoso

Onor de l’arme vincitor sia tolto,

e lascivo marito in vil riposo

fra gli armenti e ne’ paschi erri disciolto,

se’l desta o suon di tromba o luminoso

acciar, colà tosto annitrendo è vòlto,

già già brama l’arringo e, l’uom su’l dorso

portando, urtato riurtar nel corso;

 

 esaminando finalmente con mente lucida la propria condizione, prova una profonda vergogna, dalla quale e’ scosso dalle parole di Ubaldo, che lo sprona a tornare al suo dovere e a ricongiungersi all’esercito cristiano. Tornato in se’, il giovane fugge inseme ai compagni dalla sua dorata prigione. Frattanto, Arimda, nel veder giacere inerte il mostruoso guardiano che i due cavalieri avevano abbattuto nel giungere al palazzo, sospetta la fuga dell’amante, e, scortolo da lontano, vorrebbe chiamarlo indietro, ma per la disperazione la voce le muore in gola. Non potendo arrestare la corsa dei cavalieri con la magia, corre loro dietro, noncurante del proprio onore, che sembra ricevere una punizione per essersi pasciuto a spese dell’amore altrui. Da lontano gli chiede di ascoltare quanto ha da dirgli, e Ubaldo lo invita ad acconsentire a questa richiesta.Rinaldo allora si arresta e aspetta le sue parole, non osando parlarle per primo ne’ guardarla negli occhi.

 

Qual musico gentil, prima che chiara

altamente la voce al canto snodi,

a l’armonia gli animi altrui prepara

con dolci ricercate in bassi modi,

così costei, che ne la doglia amara

già tutte non oblia l’arti e le frodi,

fa di sospir breve concento in prima

per dispor l’alma in cui le voci imprima.

 

 Armida, comprendendo che il suo amore per lei e’ stato vinto dalla ragione, lo supplica di lasciarla almeno partire insieme a lui come sua ancella.

Rinaldo le risponde di non provare per lei alcun rancore o disprezzo, ma di non poter acconsentire alle sue richieste, non potendo sopportare l’idea di umiliarla, e la invita ad accettare con saggezza la loro separazione, ponendo fine alla catena di errori di cui sono entrambi responsabili.

La giovane si sente offesa dal tono di pietosa condiscendenza delle sue parole, e furibonda lo ingiuria e gli giura vendetta. Sopraffatta dall’emozione, cade tramortita. Tasso, compiangendo la sorte dei due amanti, invano la incita a riprendere coscienza, per poter notare l’espressione di profondo dolore con cui Rinaldo si gira a guardarla per l’utlima volta, non potendo esaudire la volonta’ del proprio cuore di soccorrerla.

I tre cavalieri lasciano l’isola; Armida, ridestandosi, ha un nuovo moto d’ira nei confronti del giovane cristiano, che non ha avuto ritegno di lasciarla priva di sensi sulla spiaggia.

Smantellato il palazzo, che scompare senza lasciare traccia, parte con il carro alato alla volta del proprio castello, dove si ritira in preda a sentimenti contrastanti. Presto la vergogna cede luogo alla sete di vendetta, per soddisfare la quale si risolve a partire per Gaza, dove e’ accampato l’esercito musulmano, allo scopo di offrire se stessa come ricompensa per l’uccisore di Rinaldo.

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